Quando sono entrata da padre Angelo si è liberato un fiume in piena e piangendo ho raccontato cose lontane e profonde
(Testimonianza da Malga Zures)
Quest’anno non volevo andare a Malga Zures. Sapevo che mi sarei trovata sola con me stessa nel silenzio. Quello volevo evitare. Trovarmi a fare un bilancio di un altro anno di vita. E nell’ultimo anno grandi erano state la sofferenza la fatica la chiusura nelle quali avevo avvolto i giorni di lavoro e non. Ho sempre detto da quando ho conosciuto questa realtà e padre Angelo Benolli, che i bambini mi hanno salvato la vita, la scuola era la mia espressione più vera. A questo mi sono attaccata negli ultimi tre anni in modo particolare e, negli ultimi tre anni, proprio la scuola e i bambini mi avevano messo in crisi. Diciamo che era finita… la rendita. Avevo bisogno di nuove energie per accettare un matrimonio che non doveva essere celebrato o che non era stato proprio celebrato perché gli sposi… non c’erano. Mi ero buttata nel lavoro. Energie che invece avevo speso e perso per anni a pensare che si sarebbe riaggiustato in qualche modo, perché sarei stata più forte per tutti e due, perché la storia di mio marito con la fidanzata non sarebbe durata, perché con il mio nuovo look 20 chili di meno avremmo ritrovato… il collante per ricominciare!?!?! E invece…”Noi ci siamo sposati per uscire dalla famiglia… tu comandavi e io ero quello accondiscendente. Per carità tornare insieme se finisce con lei… meglio la libertà…”Queste le parole di mio marito durante un tentativo di riavvicinamento fatto da parte mia tre anni fa, 32 anni esatti dal giorno del nostro matrimonio, dopo 7 anni di separazione. Parole che in un primo momento mi hanno fatto sentire la verità che affermavano e quindi quasi pace. Ma poi dopo un po’, sono diventate parole che non ho mai avuto la forza di raccontare a nessuno. Parole che mi hanno lacerato dentro, hanno macerato la mia anima e mi hanno fatto provare delusione sconfitta mi hanno fatto sentire rifiutata…. Le due passate esperienze a Malga Zures mi avevano dato sul momento un certo vigore, ma poi piano piano mi sono chiusa e isolata. Quest’anno alla Malga ho capito che la mia vita è stata segnata dalla vergogna di me stessa. Un sentimento generato forse sin dal grembo di mia madre, perché ero stata concepita prima del matrimonio ed era la vergogna che provava mia madre per se stessa, la paura del giudizio dei suoi fratelli e di conseguenza forse si vergognava anche di me.
Sin dalle prime ore alla Malga, durante le prime ore passate insieme, l’Eucarestia, l’Adorazione, ho provato uno squarcio dentro e una luce che illuminava questa verità. La vergogna non mi appartiene. Non per come sono stata concepita. Ma me la portavo dentro da sempre vergognandomi di innumerevoli cose. Padre Angelo ripeteva che il Carisma è essere quello che siamo e io vedevo che io non ero la vergogna e me ne dovevo liberare. Ho sentito allora e ho visto quello che negli anni, a partire dal fidanzamento con mio marito, aveva sporcato la mia identità, la mia sessualità, e mi aveva tolto piano piano quella gioia che sentivo innata in me sempre presente fino all’incontro con lui e che a un certo punto non ho sentito più. Avevo attribuito la mia chiusura a tante altre cose che mi erano accadute: l’eccessivo attaccamento di mio marito ai suoi, il mio attaccamento ai miei, l’inferiorità che vivevo nei confronti di mia sorella… il tradimento dopo meno di tre anni di matrimonio, i figli che non venivano, il disgusto per tutte le trafile negli ospedali per farli arrivare, l’isolamento della nostra coppia… un po’ da tutto, gli impegni di volontariato e lavoro che ci tenevano tanto impegnati… l’allontanamento fisico, scoprire che mio marito praticamente si era costruito una vita parallela… le stupide ricerche da parte mia di risolvere i problemi sessuali con un manualetto. A Malga Zures ho capito che queste erano le conseguenze e non le cause. Nel frattempo alla Malga io ero quasi muta. Non riuscivo a parlare di me e a intervenire.
Quando il secondo giorno Padre Angelo si è reso disponibile a confessarci, io ho sentito che dovevo liberarmi, ma davanti alla porta mentre aspettavo il mio turno avevo il panico. Speravo in un impedimento improvviso, un ritardo. Non riuscivo a concentrarmi. Sentivo che avevo bisogno di purificare la mia sessualità, confessare tutto quello che negli anni non aveva rispettato la mia sessualità, avevo subito e avevo colpito. Quella era la mia vergogna vera. Il mio peccato. Ma il virus della vergogna mi attaccava continuamente e mi faceva sentire che non sarei riuscita, che magari davanti a padre Angelo mi sarei sentita ridicola.
Quando sono entrata da padre Angelo si è liberato un fiume in piena e piangendo ho raccontato cose lontane e profonde. Subito dopo sono tornata ad essere… più presente e ho testimoniato qualcosa anche al resto del gruppo. Mi aspettava l’Altissimo però… una notte a pensare ad una scusa per non andare e poi la mattina a cercare le scarpe perché le mie non erano adatte e io non potevo rinunciare… ma mi sarei fermata, non avrei avuto il fiato, mi sono appesantita in questi tre anni, troppa zavorra sui piedi sulla schiena…
Ho iniziato la camminata bardata di giacche e sciarpe che mi scivolavano da tutte le parti. Una fatica enorme. Ho cominciato a sudare come una fontanella. Avevo vicino due Angeli custodi. Carmela che mi incoraggiava ad ogni curva quando non ero io che incoraggiavo lei e Francesco che non ci ha lasciate un minuto e senza darci una mano, fisicamente ci ha portate in cima!!! Ma non solo. Ad un certo punto mi è venuto in mente il film Mission e la sequenza in cui Rodrigo risale l’Iguazu trascinando sulle spalle un enorme peso fatto di attrezzature come penitenza per l’omicidio del fratello. Mi sentivo Rodrigo con un peso sulle spalle e nelle gambe. Francesco mi disse invece che vedeva Amalia che portava Amalia tanto tanto incazzata e amareggiata… un altro fiume si è liberato dentro e allora il sudore si è mescolato al pianto. Lui mi aveva… vista dentro. Mi aveva sentita muta e mi aveva sentita ferita nelle piccolissime testimonianze che avevo dato dopo la confessione. E io che non mi guardavo che fuori e solo per criticarmi e svalutarmi… o per sembrare sempre forte e non bisognosa di aiuto o peggio non meritevole non degna di aiuto… non mi facevo vedere perché mi vergognavo della mia inadeguatezza. La discesa dall’Altissimo… un’altra salita di grazia! Accettare la mano di sostegno di Stefano, un altro passaggio per sentirmi come sono. Non so ancora come spiegare. La gioia di essere arrivata in cima e la gioia di essere arrivata giù con la pioggia che mi insultava (avevo scritto inzuppava!!!) e non mi faceva vedere bene la strada.
Una lotta contro il virus del non amore vinta con le mie forze la mia dignità di figlia di Dio la mia umiltà a lasciarmi aiutare… e anche grazie ai fiori che avevo avuto vicino. Essere riuscita a portare a termine un’impresa così difficile mi ha dato una grande scossa e tornata a casa mi ha dato la forza di prendere certe posizioni, chiudere certe parentesi aperte, affrontare delle cose lasciare in sospeso. Ed è solo l’inizio.
E questo è tutto quello che mi porto da Malga Zures e spero diventi terreno, acqua, concime, calore, ossigeno per fare i giardini fioriti in Italia che mi aspettano. Grazie Signore per il dono della Creazione dentro e fuori di me. Per tutti i doni che mi hai dato da subito, soprattutto per i dolori che mi hanno fatto cercare e incontrare padre Angelo Benolli, conoscere quello che sono realmente e dato la possibilità di intraprendere la strada verso di me, verso di Te e verso i fratelli, nella libertà e nella carità.
Amalia Schiano di Cola (volontaria donatrice di Roma)