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Nuove scoperte scientifiche dimostrano che l’embrione fa da sé nelle prime fasi di sviluppo, senza intervento di nessuno

Due distinti team di ricercatori, uno della Rockefeller University di New York e l’altro dell’Università inglese di Cambridge, hanno dimostrato che l’embrione umano è in grado di fare da sé, di autoregolarsi e addirittura di ripararsi da solo già nei primissimi giorni dalla sua formazione, quando cioè lo spermatozoo incontra l’ovulo, ma non è ancora “in rapporto” con la mamma. Quando cioè non è ancora impiantato nell’utero, ma è solo appoggiato sui villi della placenta. La scoperta è avvenuta in laboratori diversi, indipendentemente l’una dall’altra, ed ha colpito la scienza mondiale.
Per la prima volta si è osservato cosa succede in queste iniziali fasi della vita in cui l’embrione era finora considerato una «scatola nera», per dirla con Ali Brivanlou che ha coordinato la ricerca della Rockefeller University.
Ma non solo. Gli scienziati di Cambridge hanno scoperto che in questa primissima formazione embrionale le cellule sane correggono eventuali difetti, sostituendo le cellule anomale. Il tutto in beata autonomia, secondo un programma che appare ordinato e sapiente. Inoltre, il team italiano del dottor Ermanno Greco, a novembre scorso, ha pubblicato un altro studio: dimostra che embrioni con alterazioni cromosomiche sono in grado di tornare sani, con le cellule buone che prevalgono su quelle anomale, e di svilupparsi benissimo, dando così vita a bambini sani.

 ESPRESSIONE E UNICITA’

Inoltre, l’équipe britannica guidata da Magdalena Zernicka Goetz ha scoperto un altro fatto notevolissimo: già intorno al secondo giorno dalla fecondazione le cellule embrionali cominciano ad esprimersi in modo ignorato finora, non solo dunque ad aumentare di numero (prima due, poi quattro, otto, sedici, 32 e così via). E mostrano delle differenze tra di esse, quindi ciascuna con una propria unicità. Al secondo giorno queste cellule sono 4 e, pur sembrando identiche, hanno una propria firma genetica e mostrano delle sottili differenze. Alcuni geni in ognuna di esse si comportano in modo diverso quasi da subito, diversamente dalla piattezza che si credeva prima. Una unicità ancora più sbalorditiva per chi è abituato a pensare che la vita e l’identità inizino dopo e dipendano da fattori e esterni. 

UN ORDINE PIÙ GRANDE E PIÙ SAPIENTE DEI TEST
«L’embrione ha una sorprendente capacità di correggersi, anche quando la metà delle cellule nei primi stadi di sviluppo sono anormali, riesce a ripararsi completamente», ha spiegato la dottoressa Zernicka Goetz. Un caso particolare il suo. Rimasta incinta a 44 anni, s’imbattè nell’ipotesi che il bimbo potesse essere Down. 
«La villocentesi che feci – ha raccontato la scienziata – mostrò che fino a un quarto delle cellule nella placenta erano anormali. Significava che anche il bambino avesse delle cellule anormali?». La villocentesi è l’esame che preleva alcune cellule dai villi coriali della placenta. Parlando con dei genetisti, la ricercatrice si rese conto che non si sapeva un granché sulle possibili evoluzioni embrionali e fetali in simili casi. Lei non abortì e il suo bimbo nacque sano. «Molte donne gravide – ha notato – sono in difficoltà al momento di scegliere sulla base dei risultati di test che non sono compresi fino in fondo». Dunque se un embrione appena arrivato presenta anomalie, non significa che darà luogo a un bimbo con difetti, malattie, sindrome di Down o chissaché. Una bella testimonianza di ciò, ad esempio, è quella dell’attrice Beatrice Fazi: uno dei suoi 4 figli risultava positivo a tre cosiddetti “soft markers”, che segnalavano una certa probabilità che fosse Down. 
Ma è nato sano e forte come un toro! La popolare attrice che ha dato il volto a Melina di “Un medico in famiglia” lo racconta nel suo libro “Un cuore nuovo”.
 

Montessori: “Sono uniti a Dio”

«I bambini sono così capaci di distinguere fra le cose naturali e le cose soprannaturali, che la loro intuizione ci ha fatto pensare ad un periodo sensitivo religioso: la prima età sembra congiunta con Dio come lo sviluppo del corpo è strettamente dipendente dalle leggi naturali che lo stanno trasformando». Parola di Maria Montessori, celebre pedagogista, che ha rivoluzionato l’educazione nel mondo.  

Dostoevskij: “I bimbi risanano l’anima”

“I grandi non sanno che, perfino sulle questioni più difficili, un bambino è in grado di dare un consiglio assolutamente serio. Dio mio, ma quando uno di quegli uccellini vi fissa con uno sguardo così felice e fiducioso, come non provare vergogna a ingannarlo? Li chiamo uccellini perché, secondo me, al mondo non c’è nulla di meglio degli uccellini. […] L’anima si risana grazie al contatto con i bambini…”: è un passo tratto da “L’idiota”, capolavoro del grande scrittore russo Fëdor Dostoevskij.

Quei favolosi 30 giorni
Gli studi di Padre Angelo Benolli

L’indipendenza del bambino, creato unico e irripetibile, è uno dei cardini degli studi e dell’opera culturale e missionaria di Padre Angelo Benolli. Il fondatore del Volontariato di Sviluppo di Vita e Missione ha osservato tale valore e tale realtà nel bambino intrauterino. In particolare, sottolinea la totale indipendenza del bambino nei primi 30 giorni dal concepimento. Dopo tale periodo, con l’avvio del ‘legame di sangue’ con la madre attraverso il cordone ombelicale, l’embrione inizia a percepire il modo d’essere della mamma. Sente le sue sofferenze e disagi più profondi, la serenità, il dolore, confusioni e violenze, l’amore o la mancanza di amore del mondo esterno. Il tutto avviene al livello inconscio, senza colpa della mamma, e si registra nelle cellule nervose del piccolo. Padre Benolli è arrivato a tali conclusioni dopo aver studiato il bambino nel grembo materno, con alcuni medici del policlinico Gemelli di Roma, per circa 4 anni. Il frutto di questi studi è sviluppato nei suoi libri, pubblicati da Italia Solidale Editrice.  

La scoperta della Persona

Unicità, forza, tensione al bene e indipendenza del bimbo: come non vedere tutto cio?

La prima musica che ho sentito di mia figlia, nel grembo materno, è stata quella emessa da una lucentissima e potentissima stellina che pulsava forte forte: il suo cuoricino. È il primo organo a formarsi. Adesso ci penso tutti i giorni: il suo cuore. Unico, non dipende da me né dalla mamma. 

E neppure da pediatri, insegnanti, preti, catechisti, giornalisti… 

Guai perciò a disturbare il ritmo e l’armonia dei figli. Non sono roba nostra. Non ci si può né ci si deve sostituire a loro. Che imparino a cadere e a rialzarsi da soli, sapranno andare avanti meglio e più forti. È la loro e la nostra natura. La stampa ha dato un certo risalto alle scoperte sopra citate. Più che altro, però, si è sottolineato che potranno aprire nuove strade per la fecondazione artificiale e le cellule staminali e in alcuni casi sollevando le nuove sfide bioetiche. Perché non spingerci oltre – non fuori – ma ancora più dentro l’essenza della persona? Come si può ancora dire che il bimbo appena concepito è solo un mucchietto di cellule? 

È la scienza stessa che continua a sgretolare certe convinzioni e certi dogmi che essa stessa ha prodotto. Uno su tutti, quello appena sfatato dai ricercatori di Cambridge e della Rockefeller University, secondo cui l’embrione umano non ha propria identità e autonomia nelle prime due settimane. 

È ora di renderci conto, con sana ragione, che c’è un dogmatismo scientista che può accecare più di quello religioso. Cosa manca per vedere che anche la tecnologia e i laboratori ci stanno urlando che la vita umana è creata non solo con un ordine potentissimo e sapiente, ma anche unica, irripetibile, indipendente e con innata tensione a superare i mali? 

Le menzionate ricerche hanno visto che le primissime cellule embrionali fanno questo: eliminano le anomalie, persino quelle cromosomiche. 

Certo, il bimbo è alimentato dal cordone ombelicale e poi allattato, nutrito, vestito, accudito, eccetera eccetera. Sì, ma dopo. 

Ora anche la scienza ci mostra – a ben guardare – che la prima scintilla, il bocciolo da cui origina un bimbo è fondamentalmente autonomo e intriso di potenzialità. È ancora troppo poco per vedere che il bimbo, la persona, non solo c’è subito dal concepimento, ma che ha dentro un fuoco che nessuno può spegnere? Eppure spesso, magari con le migliori intenzioni “per il loro bene”, ai bimbi gli si sta addosso, si presume e si pretende di educarli, di insegnarli la vita, di plasmarli a propria immagine. 

 Per non parlare dei giudizi quando non fanno come gli si dice. E si finisce per bloccare le loro forze, la loro espressione. Ciò avviene al livello inconscio. Ogni bambino ha una sua identità, fatta per le relazioni, ma che non dipende da nessuno. Una natura che abbiamo dentro, sempre, e attende sempre di essere vista, alimentata e sperimentata. Una insopprimibile molla alla libertà. Questa scoperta ognuno può farla su se stesso. Il British Medical Journal, nell’editoriale del novembre 2000, affermava: “L’embrione non è passivo: è un attivo direttore d’orchestra del suo impianto e del suo destino futuro”. 

 Francesco Buda 

dal sito ioacquaesapone.it

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